L’intervista di Giuseppe Recchi a Capital 1: il successo, le priorità strategiche e i progetti di investimento all’estero di Telecom Italia

Sergio Luciano: «Quando si è numeri uno, si vivono responsabilità e soddisfazioni: in quale rapporto? In un settore come quello della tecnologia, perennemente in trasformazione, come si fa a rimanere in cima?»

Giuseppe Recchi: «Essere numeri uno è questione di DNA e tanto allenamento. Il DNA è dato dalla storia: abbiamo inventato il codice MPEG, le prime carte a pagamento e possediamo oggi più di 3.000 brevetti. L’allenamento consiste, invece, negli investimenti: per rimanere al passo, bisogna investire molto e sviluppare tecnologia. È bello essere numeri uno perché si hanno moltissime opportunità ma, al contempo, è difficile rimanervi perché occorre essere in grado di intercettare il futuro».

SL: «Quali sono le priorità strategiche che Telecom Italia si dà per il prossimo futuro?»

GR: «Oggi stiamo vivendo un momento di grande trasformazione per il nostro settore. Le nostre società costruiscono infrastrutture che servono a connettere le persone ma questo non basta. Oggi bisogna offrire contenuti in mobilità, noi non vogliamo soltanto accedere a internet ovunque siamo ma anche interagire con il mondo. La sfida è dotare tali infrastrutture dei contenuti giusti. Ci stiamo trasformando in grandi piattaforme che mettono a disposizione dei clienti i prodotti di interconnessione di cui hanno bisogno».

SL: «Negli ultimi anni si è discusso molto di infrastrutture, a tal proposito avreste voluto avere affianco in maniera più consistente altri operatori o magari lo Stato nella realizzazione della banda larga, oppure meglio soli che male accompagnati?»

GR: «Il tema non è solo mettere fibra ma farla utilizzare. La grande sfida è sviluppare la domanda di connessione. In Italia siamo indietro in materia di cultura digitale: i computer nelle case non sono così diffusi e nemmeno l’e-commerce. Lo Stato è un grande alleato e ha il ruolo di creare quel business environment che permette gli investimenti e li incentiva, anche in un mercato competitivo. Sviluppa, inoltre, la domanda, creando le condizioni per le quali l’uso di internet sia sempre più diffuso, in particolare nelle zone più difficili, come quelle rurali o a bassa densità di popolazione. Proprio in questi luoghi il contributo statale è fondamentale».

SL: «Lo Stato deve quindi contribuire alla promozione della banda larga?»

GR: «Sì. Il valore di questi servizi non è tanto nella moltiplicazione del traffico quanto nella diffusione dell’abitudine all’uso di tali strumenti. Quando rottameremo l’analogico, creando delle condizioni per le quali l’utilizzo del digitale sarà incentivante, arriveremo al nostro scopo, indipendentemente dall’età e dalla professione dei cittadini».

SL: «Cambiando argomento, cosa ne pensa dell’integrazione tra operatore di telecomunicazioni e media company?»

GR: «La convergenza di contenuti nella distribuzione delle reti IP è un fatto inarrestabile e lo si vede in particolare in questo momento. La vera domanda è come questo succederà. Ci sono diversi modelli: alcune società producono in proprio, altre, come noi, diventano grandi supermercati di contenuti nei quali gli utenti possono trovare quello che cercano».

SL: «L’estero è importante per Telecom Italia: come vi state muovendo in tal senso?»

GR: «L’estero è da sempre stato una tendenza di Telecom Italia. Oggi siamo presenti soprattutto in Brasile, il quarto mercato al mondo della telefonia all’interno del quale siamo il secondo operatore mobile. È un mercato per noi strategico e lì siamo molto apprezzati».

SL: «Due temi di attualità: rebranding e torri. Ce li spiega?»

GR: «Un’azienda deve sempre cercare di estrarre valore dai suoi assets e investire laddove è presente un valore da promuovere, come il brand appunto. L’operazione delle torri ha avuto un grandissimo successo, consentendoci di estrarre un valore economico che verrà destinato agli investimenti nelle infrastrutture».

SL: «Dove si trovano gli stimoli per continuare a essere leader?»

GR: «Una grande società, così come una piccola, non può mai essere appagata. In un momento di grande evoluzione tecnologica, bisogna essere sempre pronti a inventare qualcosa e a migliorarsi. È importante, inoltre, remunerare gli azionisti e proprio per questo noi abbiamo l’obbligo di crescere, trovando nuovi spazi. Questo vale in particolare per una società di telecomunicazioni. Il vero stimolo è essere percepiti come la California delle tecnologia, è questa la nostra missione».