Basilea 2

Introduzione a Basilea 2

A causa della crisi petrolifera all’inizio degli anni ’70, che provocò gravi turbamenti nel mercato dei cambi, i rappresentanti degli Stati del G10 istituirono il Comitato di Basilea, l’accordo prende il nome di Basilea perché proprio nella placida cittadina svizzera ha sede la Banca dei regolamenti internazionali, a cui fu affidato il compito di garantire la stabilità del sistema bancario a livello mondiale, per la sicurezza dei depositanti, della banche, degli azionisti e dell’intera economia, nonché di fissare regole univoche per tutte le banche.

Il Comitato si riunisce quattro volte l’anno e coordina l’attività di circa 30 gruppi di lavoro membri che provengono dal Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Lussemburgo, Olanda, Spagna, Svezia, Svizzera, Regno Unito e Stati Uniti d’America. Le attività del Comitato si svolgono sotto l’egida della Banca per i Regolamenti Internazionali, organizzazione internazionale per la promozione delle cooperative monetarie e finanziarie.

Nel 1988 il Comitato di Basilea stipula il primo accordo per la valutazione di accesso al credito per le aziende (Basilea 1). Prevedeva l’obbligo per le banche di accantonare l’8% del capitale erogato per garantire la solidità dell’attività degli istituti di credito, ad esso hanno aderito, fino ad oggi, le autorità centrali di oltre 100 paesi .
A partire dagli anni ’90, però, si evidenziarono inefficienze nella valutazione creditizia applicata dalle banche, con problemi di stabilità per l’intero sistema economico. L’accordo del 1988 presentava dei limiti di particolare rilevanza.
L’8% di accantonamento può essere giudicato troppo per una controparte poco rischiosa e troppo poco per una controparte giudicata rischiosa: la quantità di capitale assorbito era giudicata troppo poco sensibile al rischio, e ciò nonostante alcuni correttivi introdotti negli anni successivi.

Nodo fondamentale del problema risultò essere che l’accordo Basilea I valutava le aziende in base a requisiti molto semplificati: da quanto tempo esisteva un certa ditta, che patrimonio possedeva, quale ragione sociale. In una parola Basilea I si limitava a prendere atto della “storia” patrimoniale di una ditta, e della capacità attuale di rimborso della stessa, senza avere la possibilità di valutare se, quanto e in quanto tempo la ditta avrebbe generato reddito. Questo induceva un notevole immobilismo e penalizzava fortemente tutta una serie di settori e di investimenti, primi fra tutti quelli sull’innovazione e sulla ricerca.
Il Comitato rivede, quindi, i principi fissati nel 1988, tenendo conto delle mutate condizioni economico-finanziarie dei mercati.

Si stipula nel 2001 un nuovo accordo, definito di Basilea 2, quando venne pubblicato “The New Basel Capital Accord”

un documento che dava il via alle trattative per la nuova formulazione dell’intesa, con l’introduzione di sistemi oggettivi di valutazione aziendale per minimizzare il rischio di credito, il capitale di vigilanza per le banche e, di conseguenza, il costo del denaro.
La nuova stesura supera l’originaria e un pò rozza formulazione dell’8% per prendere in considerazione anche l’esistenza di rischi come per esempio le truffe e i rischi di mercato, ma soprattutto introduce l’utilizzo del rating nei confronti delle imprese.
In questo modo viene stabilita una differenziazione dei requisiti in base alla probabilità d’insolvenza con più possibilità da parte degli istituti di credito di maggiori dimensioni di poter utilizzare strumenti di analisi più sofisticati.

Entrando più nel dettaglio la nuova versione dell’accordo è fondata su tre aspetti:
Il primo riguarda i requisiti patrimoniali minimi e determina i criteri per quantificare i rischi della banche nelle sue varie attività tenendo conto anche di una serie di elementi aggiuntivi come il rischio di mercato, il rischio di credito e quello operativo.

Il secondo prevede un controllo discrezionale da parte della banca centrale e dell’istituto di vigilanza. Infine, gli istituti di credito devono fornire un livello minimo di informazioni da offrire al mercato.
In pratica rimane la quota di accantonamento dell’8% (il patrimonio di vigilanza) sui prestiti erogati, ma vengono ampliate le categorie di rischio alle quali bisogna vincolare il patrimonio.

Proprio per valutare il rischio viene introdotto il rating che permetterà di classificare le aziende in una classe di rischio.
In questo modo più basso sarà il rating ottenuto dall’azienda più alto sarà l’accantonamento da parte dell’istituto di credito che proprio per fronteggiare l’innalzamento del rischio potrebbe chiedere tassi di interesse più alti.

Il rating potrà essere esterno, e quindi assegnato da agenzie private, oppure interno, e quindi assegnato dalla banca secondo proprie modalità. Il rating viene assegnato in base a una valutazione relativa alla storia creditizia dell’impresa e ad altri parametri come la liquidità o redditività.

Il nuovo accordo si conclude nel 2004, dopo numerose modifiche richieste dalle banche centrali dei diversi Paesi del mondo, per tener conto delle specificità ambientali e nazionali.

Dal 1° gennaio 2008, per le banche, è diventato obbligatorio seguire le indicazioni di Basilea 2, introducendo nuovi sistemi di rating.