Gianpietro Benedetti: “Saranno 10 anni di sviluppo”

Per il numero uno del gruppo impiantistico Danieli, Gianpietro Benedetti i mercati con i maggiori tassi di crescita saranno Emirati e Arabia Saudita

In 40 anni ha assistito, dal mondo degli affari, ai grandi cambiamenti che hanno contraddistinto il Medio Oriente, proiettato verso una dimensione di mercato internazionale e target privilegiato dei maggiori gruppi mondiali. È sulla base di questa esperienza che Giampietro Benedetti, presidente e ad di Danieli, è convinto che per le aziende italiane, e per la sua in particolare, si stia aprendo nell’area una nuova stagione di grandi affari.

Domanda. Danieli è un operatore storico nell’area del Golfo, in particolare negli Emirati Arabi Uniti e in Arabia. Gianpietro Benedetti, come sono incominciati i rapporti con questi mercati e quanto rappresentano oggi?

Risposta. “Danieli ha iniziato ad operare nell’area mediorientale e Nord Africa nei primi anni 70 con la fornitura di piccoli impianti in Libano, Egitto, Giordania. Per poi proseguire con Arabia Saudita. Impianti piccoli ma di successo che unitamente alla qualità del servizio al cliente hanno consolidato la reputazione. La competitività tecnica-economica e l’affidabilità del servizio post vendita sono stati i fattori chiave che hanno sostenuto la crescita in quest’area. Ad oggi la Danieli ha installato nell’area una quarantina di impianti dal valore medio di 80-100 milioni di euro. Più alto è il valore degli impianti chiavi in mano che vanno dai 200 milioni di euro in su”.

D. Su quali aree prevedete la crescita maggiore?

R. “Emirati, Arabia Saudita ed Egitto e in prospettiva le regioni oggi più turbolente, Libia, Siria e Iraq. Le realizzazioni più importanti sono state quelle ad Abu Dhabi, Egitto, Arabia Saudita. Ma tecnicamente interessanti sono stati anche gli impianti installati in Algeria, Marocco, Libia, Qatar, Kuwait, Oman, Siria, Iraq”.

D. Quali sono le maggiori difficoltà o ostacoli che avete incontrato nella realizzazione dei vostri progetti. Riguardano prevalentemente gli aspetti tecnici, quelli contrattuali o piuttosto il confronto con modus operandi dettati da culture diverse?

R. “Non abbiamo riscontrato difficoltà particolari nell’esecuzione delle commesse, la parte più difficile sono le trattative nella fase commerciale e contrattuale. I committenti in quest’area sanno trattare molto bene, sanno creare la giusta atmosfera di competitività e di conseguenza è difficile guadagnare. Riconoscono il valore tecnologia ma questo apprezzamento fa guadagnare solo qualche punto percentuale anche perché allineano le offerte. Per quanto concerne la mentalità normalmente è di reciproco rispetto, cementato dal grande senso dell’ospitalità di questi Paesi. Il management con cui si tratta per lo più ha studiato in Inghilterra o negli Stati Uniti per cui i rapporti sono facilitati. Il rispetto degli obblighi contrattuali fa, ovviamente, da base ai buoni rapporti. Con un buon spirito di team le commesse vengono portate a compimento senza problemi particolari“.

D. Gianpietro Benedetti, in tanti anni di attività nel Golfo, avete potuto osservare i cambiamenti che ci sono stati, soprattutto a livello economico e grazie agli enormi investimenti pubblici avviati per diversificare la rendita petrolifera? Ritiene che i programmi avviati siano sostenibili?

R. “Si, negli ultimi i governi del Golfo hanno rilanciato lo sviluppo delle città, delle infrastrutture e delle fabbriche, che i loro funzionari e manager sono riusciti a organizzare e far funzionare bene, con profitto, gli investimenti che hanno fatto, dalle linee aeree, alle acciaierie, dalle fabbriche agli impianti petrolchimici. L’utilizzo di molta manodopera immigrata dall’india, dal Pakistan e dalle Filippine che ha costi molto più bassi di quelli europei ha dato dei grandi vantaggi competitivi. Anche nel settore dei servizi, e del turismo in particolare, sono stati in grado di costruire delle buone strutture con un rapporto eccellente tra prezzi e qualità del servizio. Quindi sono dell’opinione che per un periodo di almeno un decennio lo sviluppo continuerà sostenuto. La sfida è consolidarlo definitivamente per un periodo molto più lungo, in modo che il modello di sviluppo diventi il Dna dell’aerea”.

FONTE: Milano Finanza