Con il 42% delle imprese italiane attualmente in outlook negativo, il rischio è quello di dover attendere il 2022 per vedere una risalita dei ricavi ai livelli pre-Covid. A evidenziarlo è uno studio condotto dall’agenzia Standard & Poor’s Rating, al centro di un editoriale recentemente pubblicato dal Presidente di Snam Nicola Bedin su “Milano Finanza”.
L’analisi effettuata dall’agenzia di rating statunitense ha valutato il merito creditizio di 43 società italiane, rilevando l’esposizione verso un potenziale downgrade per il 42% delle imprese esaminate, un dato sostanzialmente in linea con la media europea. Lo studio inoltre dimostra come tra le cause del rischio di deterioramento del merito creditizio figurino anche gli effetti provocati dalla pandemia, che hanno inciso su un fattore di “intrinseca debolezza” delle imprese italiane. Come illustrato nell’editoriale, lo scenario prospetta dunque il 2022 come anno in cui i ricavi delle società monitorate tornerebbero ai livelli precedenti la diffusione del Covid-19. Ma, se la situazione dovesse rivelarsi più sfavorevole, la ripresa sarebbe ancora più lenta e bisognerebbe attendere fino al 2023: una prospettiva, scrive Nicola Bedin, valida anche per altri elementi come ebitda e leverage.
Lo studio rileva che gran parte dei rating investment grade, a maggiore solidità, si attestano nel settore delle utility e delle infrastrutture. A ciò bisogna aggiungere che, nei Paesi EMEA, il turismo, la ristorazione, il retail “non essenziale” e altri settori colpiti duramente dalla pandemia potrebbero impiegare fino al 2023 ed oltre per tornare ai livelli di attività del 2019. Una situazione in continuo divenire in cui bisogna considerare anche la possibilità di un’ulteriore recrudescenza della pandemia prima della diffusione dei vaccini su larga scala, come pure l’incertezza derivante da eventuali tensioni finanziarie o l’instabilità sulla ripresa dei consumi.
Relativamente alla situazione in Italia, scrive il Presidente di Snam, “i parziali lockdown di queste settimane possono portare a un rallentamento più marcato nell’ultimo trimestre 2020 e nel primo trimestre del 2021 rispetto alle precedenti proiezioni”. Per quanto concerne invece “le aziende con rating speculative grade, cioè quelle più a rischio”, prosegue, “la cattiva notizia rispetto alle investment grade è che le prime evidenziano un peggioramento più marcato del leverage, la buona è che si prevede che le stesse registrino un più rapido miglioramento dell’ebitda”. Uno scenario da continuare a monitorare e “sul quale i dubbi superano le certezze”, conclude Nicola Bedin, che aggiunge una considerazione sulla tenuta delle PMI qualora venisse meno il supporto statale, che già oggi “si manifesta con le moratorie sui finanziamenti e con la garanzia dal Mediocredito Centrale sui nuovi prestiti”.
2021-01-04