I progetti su Interbanca

Con l’acquisizione della banca d’affari milanese, la multinazionale americana punta a conquistare il mercato delle piccole e medie imprese. E ad allargare in Italia il Business dei servizi finanziari.

Con l’inizio del 2009, Interbanca volta pagine. Prima di tutto perché si mette definitivamente alle spalle anni di turbolenze societarie e di ribaltoni azionari. Nata come società indipendente, era finita nel gruppo Antonveneta. Poi nella popolare di Lodi. Quindi è stata conquistata dagli olandesi di Abn Amro. E poco dopo è stata annessa al Sanatnder. Infine, è stata ripudiata dal Monte dei Paschi di Siena, che ha fatto una generosa offerta per l’Antonveneta ma ha detto «no, grazie» alla prospettiva di accasare a Rocca. Salimbeni anche Interbanca. Ad aggiudicarsi il controllo della banca d’affari è stato così il colosso multinazionale General Electric, guidato in Italia e nel Sud Europa da Giuseppe Recchi. Che in questa intervista spiega i programmi del gruppo e come cambierà Interbanca. Mettendo in chiaro una cosa: «Siamo in Italia per rimanerci almeno per i prossimi 100 anni».

Domanda. A un certo punto sembrava che nessuno volesse comprare Interbanca. Poi è arrivata Ge che l’ha valutata 1miliardo tondo di euro. Anche alla luce della successiva crisi dei mercati finanziari, non si è trattato di una valutazione esagerata? Insomma: non siete in po’ pentiti di aver fatto l’operazione Interbanca?
Risposta.
Tutt’altro. Noi non siamo solo contenti di averla fatta, ne siamo felici. Intanto perché l’acquisizione non è stata compiuta con cassa, ma con uno scambio di asset. E quindi, dal punto di vista dell’investimento, non c’è stato né un incremento né un decremento del rischio. Quello che p cambiato è che con questa operazione abbiamo ceduto al Santander un pezzo della nostra presenza nel settore del credito al consumo, per aumentare in pari proporzione la nostra capacità di azione nel campo fella finanza d’impresa.
D. Perché avete fatto questa scelta?
R.
In Italia abbiamo una importante presenza industriale. La Nuova Pignone che è stata acquisita nel 1994. E ci ha dato molte soddisfazioni. Ma per quanto riguarda i servizi finanziari, che a livello globale rappresentano circa la metà del business de General Electric, eravamo presenti con una serie di piccole società, acquistate di volta in volta, quando si presentava un’opportunità. Eravamo presenti con tutte le nostre divisioni, dal factoring al consumo. Ma nessuna aveva una dimensione di scala adeguare al potenziale che può esprimere Ge. E questo era il punto: dovevamo crescere. Per farlo avevamo due opzioni. La prima era cercare un accordo con una grande banca, per unire il nostro know how internazionale con la sua capacità di distribuzione.
D. E non ci siete riusciti…
R.
Qualche accordo era stato fatto, per esempio con la Banca delle Marche, e con Unicredit. Ma il punto è che questi accordi o si stabilizzano in una società partecipata oppure, alla fina, ognuno torna a casa sua.
D. Vi restava la seconda opzione.
R.
Ed era quella di acquisire una banca di piccole-medie dimensioni. Un investimento importante ma anche digeribile. Spendere 30, 50 o più miliardi per comprare una banca di sistema per noi non aveva senso. E non è nemmeno il nostro ruolo. Invece si è presentata l’opportunità Interbanca e non ce la siamo fatta scappare. Anche perché la finanza d’impresa è un settore dove riusciamo a esprimere il massimo delle nostre sinergie.
D. Ma si tratta anche di un settore che ha come materia prima il denaro. E i soldi oggi sono merce rara e soprattutto cara.
R.
Guardi, Interbanca ha asset pari a 6miliardi di euro. Un gruppo come Ge ne ha 680 e il suo rating è la tripla A. Insomma, non dovremo fare grandi sforzi per coprirli e rifinanziarli. La nostra divisione finanziaria ha chiuso il 2008 con un utile netto superiore agli 8miliardi.
D. La trattativa con il Santander è stata complessa?
R.
Il nostro è stato l’incontro ideale. Per un motivo molto semplice: loro sono un gruppo fortemente orientato verso la finanza al consumo e volevano crescere in questo settore. Noi avevamo importanti asset in questo comparto e lo volevamo ridurre. Quella che abbiamo raggiunto è stata l’intesa perfetta.
D. Che progetti avete per Interbanca?
R.
Interbanca è una società che si rivolge alla piccola e media azienda, il cuore dell’industria italiana. E in questo segmento ha una penetrazione storica molto apprezzata. In un momento in cui le piccole e medie imprese hanno un disperato bisogno di soldi, e i grandi gruppi bancari per diversi motivi non sono in grado di soddisfare adeguatamente le loro esigenze, i player di medie dimensioni hanno grandi possibilità. E non penso solo a noi.
D. Sembra di capire che per voi la crisi dei mercati finanziari può rappresentare non una sciagura ma una opportunità…
R.
Per quanto riguarda Interbanca, sicuramente sì.
D. Che programmi avete per quanto riguarda il settore del credito al consumo?
R.
Prima dell’operazione Interbanca il progetto era di crescere nel comparto. Ora penso che la nostra presenza vada ripensata. Il piano andrà rivisto. Oggi la strategia di Ge in Italia punta a consolidare bene l’investimento che abbiamo fatto in Interbanca. Quando si fa una acquisizione bisogna concentrarsi su quella. E digerirla.
D. Dunque puntate sui servizi finanziari per le imprese. Pensate anche al private equity?
R.
Ge aveva una grossa divisione di private equity, con investimenti complessivi pari a oltre 5milioardi di dollari. Ma si trattava di un comparto ad alta volatilità, così è stato deciso di chiudere questa divisione. Quanto a Interbanca, ha partecipazioni per circa 100milioni. Questa presenza nel private equity resterà, ma non rappresenterà certamente il core business.
D. L’industria del risparmio gestito, per quanto oggi in difficoltà, è un settore che alle banche italiane ha dato molte soddisfazioni. Avete preso in considerazione di entrare in questo business?
R.
No. Non ci occupiamo di gestione del risparmio in nessuna parte del mondo e non ce ne occuperemo nemmeno in Italia. Non facciamo né asset management, né private banking. Semplicemente non è il nostro mestiere.
D. Lei ha detto che il vostro obiettivo è consolidare l’operazione fatta in Interbanca. Questo significa che ulteriori acquisizioni sul mercato italiano sono da escludere?
R. La presenza di Ge in Italia è stabile, non occasionale. Nel lungo termine ci saranno sicuramente altre acquisizioni, se si presenteranno delle opportunità interessanti. Ma oggi non sono nel nostro orizzonte e nei nostri programmi.
D. Che obiettivi vi siete dati per Interbanca nel corso del 2009?
R.
Prima di tutto bisogna mantenere il rapporto con la clientela. Poi si tratta di posizionare bene sul mercato quello che è il valore aggiunto di Ge-Interbanca. Infine, si tratta di integrare la banca con le competenze di General Electric nel modo migliore. Questi sono i tre obiettivi che ci siamo dati per il 2009. Se e in che misura li raggiungeremo ce lo dirà l’incremento della produttività. Ma vorrei aggiungere una considerazione ulteriore. Negli ultimi anni Interbanca ha cambiato padrone molte volte. E per l’azienda la discontinuità è una delle cose peggiori. Oggi inizia una fase nuova, perché l’arrivo di General Electric assicura a Interbanca una stabilità e una strategia a lungo termine.

FONTE: Banca Finanza
AUTORE: Angelo Pergolini