credit crunch

Credit Crunch

I titoli dei giornali degli ultimi tempi riportano:
“La crisi colpisce l’industria mondiale dei motori.”
“Mercati in crisi”
“Ecco il piano di salvataggio italiano per banche e depositi”
“Recessione mondiale”;

C’è da dire che questa situazione non è molto entusiasmante, FMI (Fondo monetario internazionale), dichiara : si gonfiano le perdite del sistema finanziario globale, si ridimensionano drasticamente quelle sulla crescita.

Il Bollettino Economico n. 54, ottobre 2008 della Banca d’ Italia afferma che la crisi finanziaria globale che ha avuto origine nell’ anno 2007 nel mercato statunitense dei mutui subprime si è molto aggravata da settembre 2008, colpendo alcune delle più grandi istituzioni finanziarie americane ed europee, provocando fortissime cadute dei corsi di borsa, suscitando timori di collasso dei sistemi finanziari e di recessione delle economie avanzate. La diffusa incertezza su possibili insolvenze delle controparti dopo il fallimento della banca d’affari Lehman Brothers ha inceppato i mercati all’ingrosso su cui le banche si approvvigionano di fondi, a iniziare dal mercato interbancario.

Gli investimenti delle imprese nel secondo trimestre del 2008 sono stati pressoché stagnanti, le esportazioni si sono contratte risentendo dell’indebolirsi della domanda mondiale e le banche italiane, secondo l’indagine sul credito bancario (Bank Lending Survey) , hanno operato un ulteriore irrigidimento dei criteri adottati per l’erogazione dei prestiti alle imprese; la redditività delle banche italiane sta risentendo della crisi finanziaria globale, ma in misura contenuta, data l’esposizione relativamente modesta al settore dei mutui subprime , tuttavia, le probabilità di ripresa nel 2009 appaiono ora nulle, schiacciate dalla crisi bancaria che rischia di avvitarsi in una pericolosa spirale con l’economia reale.

Giulio Tremonti, ministro dell’Economia, ha affermato parlando delle banche nell’aula di Montecitorio che: ”L’Italia non presenta particolari anomalie” dal momento che ”una caratteristica propria del sistema bancario italiano è avere un carattere meno sofisticato che ha preservato elementi di crisi che vediamo in altri Paesi europei”.

Il ministro esclude infatti la possibilità di un fallimento del sistema bancario italiano di cui sottolinea il ”sufficiente grado di capitalizzazione e di liquidità”.

Ma nonostante queste affermazioni come possono le banche dare liquidità alle imprese e soprattutto alle PMI in queste condizioni ?

“Quelle che di certo pagheranno lo scotto maggiore di questa situazione sono le PMI”.

Fino a ieri il nostro sistema bancario non ha mai concesso anticipazioni o aperto linee di credito per finanziare un progetto, ma si è sempre mosso nella logica esclusiva delle garanzie. ” evidente allora che le difficoltà di accesso al credito già in essere per le Pmi italiane, legate a questo modus operandi delle banche e dalla minore capacità delle imprese più piccole di fornire solide garanzie, si accentueranno a tal punto che si paventa il rischio concreto di una paralisi degli investimenti, del sistema produttivo e quindi dell’economia tutta”.

Cosa sta succedendo nel mondo reale della finanza, quella che riguarda le imprese e, in particolar modo quello delle PMI?

Lo scenario non è confortante, anzi. La crisi di liquidità delle banche si sta riflettendo in una contrazione del credito (credit crunch). Con il termine credit crunch (dall’inglese stretta del credito) si indica un calo significativo (o inasprimento improvviso delle condizioni) dell’offerta di credito al termine di un prolungato periodo espansivo, in grado di accentuare la fase recessiva. Questa chiusura dell’accesso al credito può avvenire essenzialmente per due motivi diversi. Uno legato al rischio inflazione che porta le banche centrali ad alzare i tassi di interesse per contenere l’espansione; l’altro invece avviene sull’onda di una crisi di liquidità che coinvolge le banche stesse che si vedono costrette a una chiusura del credito per evitare il fallimento. In questo momento ad esempio ci troviamo nella seconda situazione in cui è la sfiducia del mercato che sta bloccando l’erogazione di credito da parte degli investitori.

Il sondaggio di Federconfidi ha rivelato che la concessione del credito è stata più selettiva, sia per Basilea 2 sia per la crisi finanziaria. Le banche hanno richiesto un livello più alto di copertura del rischio.

Il rischio di credit crunch è una realtà specialmente per le piccole aziende che lo vivono nel proprio quotidiano

La stretta bancaria va in direzione delle categorie meno garantite e cioè giovani, immigrati e chi ha un reddito medio-basso. Il rischio di credit crunch è una realtà specialmente per le piccole aziende che lo vivono nel proprio quotidiano.
Credito ridotto, meno finanziamenti a medio termine, fondamentali per sostenere gli investimenti, niente operazioni “bullet”.

A tutto ciò si aggiunge l’aumento del costo del denaro e degli spread applicati alla clientela, nonostante il taglio dei tassi della Bce (Banca Centrale Europea).

Inoltre, in questo periodo di crisi finanziaria, Basilea 2 ha attirato le critiche di molti osservatori per i suoi effetti prociclici, ossia di amplificazione delle fluttuazioni del ciclo economico. Se infatti i requisiti patrimoniali che le banche devono detenere come garanzia della propria solidità dipendono dai rating, un’eventuale recessione, portando con sé tassi di insolvenza più elevati e peggioramenti dei rating dei clienti più frequenti( quindi innalzamento del rischio assunto dalla banca), conduce a un aumento del capitale minimo richiesto alle banche.

Poiché è più difficile raccogliere nuovo patrimonio durante una recessione, per mantenere le proporzioni tra capitale e attività a rischio, le banche finiscono per concedere meno credito all’economia. Ciò espone le imprese a ulteriori tensioni finanziarie, accentuando la recessione. La novità di Basilea 2 è che la prociclicità non nasce solo dall’andamento delle insolvenze, ma anche dalle variazioni del rating assegnato ai debitori; ne consegue un andamento prociclico più accentuato, legato alla frequenza delle insolvenze e a quella dei cambiamenti di rating.

L’effetto combinato della crisi finanziaria e la necessità di rispettare i parametri di Basilea 2 deve spingere le banche a una nuova relazione con le imprese: infatti secondo lo schema di regolamentazione vigente di Basilea 2, che attiene alla convergenza Internazionale della misurazione delle risorse e dei coefficienti patrimoniali, la limitazione dell’accesso al credito andrebbe a colpire maggiormente le PMI (che costituiscono oltre il 90% del tessuto produttivo dei paesi dell’area euro).

Le ragioni di tali preoccupazioni derivano dalla stretta connessione fra il livello di

rischio della richiedente il credito e l’ammontare – costo del credito effettivamente

erogato dal Sistema Finanziario. In altri termini, coloro che presentano un livello di rischio più elevato potrebbero avere un minore “accesso al credito”, oppure un incremento dei costi legati allo stesso.

Uno degli elementi che quantificano il livello di rischio assunto dagli Istituti di Credito è indubbiamente il RATING del cliente: operazione, fortemente influenzata, a sua volta dalla struttura economico finanziaria della Società in esame e dalla tempestività e puntualità nei pagamenti per gli impegni già presi. Si tratta di elementi che penalizzano il tessuto imprenditoriale italiano che vede mediamente aziende sottocapitalizzate e finanziariamente deboli e, contemporaneamente, registra una consuetudine nel mancato rispetto delle scadenze nei pagamenti.

Con Basilea 2 si rafforza il rapporto tra costo del credito (pricing) e la valutazione di solvibilità (rating); saranno, quindi, avvantaggiate quelle aziende che riusciranno a comunicare alla propria banca le prospettive di reddito, la stabilità economico/patrimoniale, le potenzialità di crescita.

Le Piccole e Medie Imprese dovranno aiutare le banche a comprendere la realtà del loro mercato di riferimento, le proprie prospettive di crescita all’interno dello stesso, l’andamento settoriale, il vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza, la stabilità del proprio sistema finanziario, economico e patrimoniale.

Per far ciò, è indispensabile creare una comunicazione efficace con gli istituti di credito, che si basi sulla fiducia e sulla trasparenza, senza ricorrere, ad esempio, a politiche di bilancio orientate ai soli fini fiscali. Per rispondere alle richieste di informazione e trasparenza verso le banche, le aziende devono implementare, al loro interno, strumenti di autovalutazione, che prendano spunto dai modelli di rating utilizzati dagli istituti di credito. In sintesi, comunque, la valutazione interna dell’azienda deve basarsi:

sugli indici di bilancio (dati quantitativi)
sulla struttura interna (dati qualitativi)
sul rapporto con la propria banca
sul rapporto con la centrale dei rischi
sulla situazione settoriale ed ambientale

Al fine di evitare che l’azienda sia sostanzialmente in “preda” a valutazioni bancarie
sommarie o poco concrete è opportuno fornire una chiara visione della propria realtà, il ricorso a strumenti di analisi più o meno sofisticati garantisce il percorso preferenziale
per il conseguimento del suddetto scopo.
Gli effetti della crisi che sta sconvolgendo i mercati internazionali, effetti che purtroppo dureranno anni, impongono ad ogni imprenditore di verificare approfonditamente lo stato di salute finanziaria della propria impresa e di vigilarne l’andamento nel tempo.

Per evitare che l’azienda sia “ostaggio” di valutazioni empiriche ed a volte approssimative fatte dalle banche, questa deve avere una percezione il più possibile chiara della propria posizione rispetto a ciascuno degli elementi rilevanti ai fini della determinazione del rating: sarà quindi utile implementare un sistema di autovalutazione mirato ad investigare la capacità di produrre reddito e soprattutto cassa, il livello di indebitamento (dal quale dipende il livello minimo dei flussi di cassa da produrre per evitare il default) e la capacità di effettuare previsioni finanziarie accurate.