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“Con l’energia verde alla fine si inquina di più”

È uno degli effetti perversi delle sovvenzioni europee. Come spiega Giuseppe Recchi (Eni) nel suo nuovo libro.

Ancora una volta la tecnologia ha ribaltato le previsioni in materia di energia: grazie allo shale gas (metano imprigionato nella roccia) l’industria americana sta accumulando un forte vantaggio competitivo sull’ Europa che stenta a rispondere con una visione strategica adeguata, all’insegna del pragmatismo. Per dare una scossa al dibattito in Italia, il presidente dell’Eni, Giuseppe Recchi, si è trasformato in autore. Nel suo “Nuove energie”, racconto di due secoli di avventure di gas, petrolio e dintorni, emerge che l’Europa può sostenere la concorrenza, ma solo con un deciso cambio di passo: la “decrescita felice”, è la conclusione, “non è felice per niente”.

Ingegner Recchi, nel suo libro non mancano le affermazioni controcorrente. L’Italia, scrive, è al terzo posto per riserve di gas e petrolio. Ma non sfrutta quest’opportunità.

Se in Italia adottassimo un approccio simile a quello di Inghilterra o Norvegia potremmo raddoppiare la produzione di gas e petrolio e soddisfare il 20 per cento del consumo nazionale. Con un abbattimento dei costi di approvvigionamento e aumento dell’occupazione grazie all’indotto: lo Stato incasserebbe 2 miliardi di royalty all’anno. Ma ci rinunciamo, con un atteggiamento da Paese viziato.

Lei è molto critico sulla politica energetica europea, a partire dagli incentivi alle rinnovabili…

Non siamo di fronte a un quadro unitario ma alla somma delle politiche energetiche di 28 paesi che investono 70 miliardi di euro, di cui 13 solo l’Italia, in sussidi ai produttori che utilizzano fonti alternative. Il risultato? Prezzi dell’energia più che doppi rispetto agli Usa, avviati all’autosufficienza grazie allo shale gas.

È un prezzo che gli europei pagano per un’aria più pulita…

In realtà le emissioni europee di gas serra non si riducono perché gli effetti perversi del sistema di sovvenzioni, in connessione con il calo di valore dei certificati Ets, i “permessi a inquinare” e la recessione, hanno reso più conveniente il carbone. Basti dire che i produttori tedeschi di elettricità che usavano il gas perdevano 11,6 euro a megawatt, chi usava il carbone ne guadagnava 14,22. Non deve stupire, di fronte a queste cifre, il boom del carbone.

Ma che cosa si dovrebbe fare?

Gli ingredienti di una buona politica energetica passano dal risparmio, l’innovazione tecnologica e la diversificazione delle fonti. La crisi ucraina conferma come sia importante avere più fornitori. Quindi: non dimenticare che, finché la tecnologia non renderà disponibile un’alternativa su vasta scala, la fonte economica più pulita resta il gas. Le scelte strategiche, anche di lungo termine, richiedono rapidità d’esecuzione. Altrimenti si rischia di recepire scelte già superate.

Fonte

Economia Oggi

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