Nel 2012 l’avvocato Massimo Malvestio scriveva un articolo su “Nordesteuropa” per parlare di “quel monopolio che non c’è più”, ovvero quello relativo all’erogazione dei servizi pubblici come acqua, luce e gas.
Diversi anni fa Massimo Malvestio invitava i Comuni italiani ad accettare il fatto che la gestione diretta dei servizi non fosse più di loro competenza e che per loro si apriva “un’era nuova in cui il comune può e deve essere soltanto ente di regolazione e di controllo del mercato nell’interesse esclusivo dei propri cittadini”. Per quella che l’avvocato chiama “una lunga consuetudine”, eravamo infatti abituati all’idea che l’erogazione dei servizi pubblici avvenisse in una situazione di monopolio, gestita il più delle volte da “un comune, direttamente o attraverso una società controllata”, dato che, trattandosi di un pareggio di bilancio e non di un profitto, “lo scopo doveva essere quello di erogare il servizio ai cittadini alle migliori condizioni economiche possibili”. Ad un certo punto si è però deciso che “anche i servizi pubblici locali, al pari di qualsiasi altro settore economico, dovevano essere aperti alla concorrenza” e così agli enti locali “è stato affidato il ruolo di garanti e di regolatori della concorrenza”. A tale decisione è seguita la risposta degli enti che hanno fatto tutto ciò in loro potere per prolungare la durata delle gestioni e ritardare l’avvio delle gare.
In Veneto, ma non solo, diverse città hanno sfruttato “tutte le opportunità che la legge offriva per poter protrarre nel tempo” la situazione di monopolio a cui si era abituati. A “Verona, Padova, Vicenza, Venezia” – ricorda Massimo Malvestio – si è “dato vita alle società per azioni per raccogliere l’eredità delle precedenti gestioni condotte attraverso le aziende municipalizzate. Soltanto Treviso, tra i centri maggiori, è sfuggita a questa regola”. Mentre Comuni come Roma, Milano, Torino, Brescia e Trieste hanno tratto ingenti guadagni collocando i titoli tra il pubblico in un periodo in cui la Borsa riconosceva valutazioni molto generose, nessun Comune veneto “ha collocato, a quel tempo, tra il pubblico le azioni delle proprie partecipate”, che intanto sono diventate meno generose. “Oggi i principali comuni del Veneto si trovano a gestire acqua, gas, luce attraverso le proprie partecipate che sono società dotate di patrimoni importanti, redditizie e, spesso, anche ben gestite. La redditività di queste società è, tuttavia, generata, per la gran parte, da quel patrimonio di cittadini utenti che sono l’eredità dei passati monopoli”. Una situazione che, come sottolinea Massimo Malvestio, “con l’inevitabile apertura al mercato andrà inesorabilmente modificandosi”, con la conseguenza che le valutazioni di tali società finiranno per “incorporare gli effetti che la fine del monopolio comporterà sulla loro redditività”.
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