Tre pilastri

Il contenuto del nuovo accordo si articola su tre pilastri:
I Requisiti patrimoniali minimi
Si tratta di un affinamento della misura prevista dall’accordo del 1988 che richiedeva un requisito di accantonamento dell’8%. In primo luogo, ora si tiene conto del rischio operativo (frodi, caduta dei sistemi) e del rischio di mercato. In secondo luogo, per il rischio di credito, le banche potranno utilizzare metodologie diverse di calcolo dei requisiti. Le metodologie più avanzate permettono di utilizzare sistemi di internal rating, con l’obiettivo di garantire una maggior sensibilità ai rischi senza innalzare nè abbassare, in media, il requisito complessivo. La differenziazione dei requisiti in funzione della probabilità d’insolvenza è particolarmente ampia, soprattutto per le banche che adotteranno le metodologie più avanzate. Questo è il “pilastro” che interessa maggiormente le PMI poichè stabilisce che per il calcolo dei requisiti minimi patrimoniali si possano utilizzare differenti metodologie di calcolo del rischio assunto.
Il controllo delle Banche Centrali
Tenendo conto delle strategie delle singole banche in materia di patrimonializzazione e di assunzione di rischi, le Banche Centrali avranno una maggiore discrezionalità nel valutare l’adeguatezza patrimoniale delle banche, potendo imporre una copertura superiore ai requisiti minimi. Viene precisato il ruolo degli Organi di Vigilanza che sono tenuti a monitorare costantemente l’adeguatezza dei livelli di capitalizzazione rispetto ai rischi e a valutare la coerenza delle politiche gestionali messe in atto dalle banche per rispettare gli indicatori stabiliti dalla normativa.
Disciplina del Mercato e Trasparenza.

Sono previste regole di trasparenza per l’informazione al pubblico sui livelli patrimoniali, sui rischi e sulla loro gestione. Il terzo punto introduce cambiamenti nella diffusione di informazioni da comunicare al pubblico sia per quanto attiene il bilancio che le aree di rischio.

Il secondo e il terzo pilastro sono di particolare interesse per il settore bancario e per gli operatori finanziari, mentre il primo assume una rilevanza indiscutibile per il soggetto a cui si deve concedere il finanziamento ( le imprese).

Esaminiamo solo il primo pilastro, che più interessa da vicino le imprese ed i professionisti; questi ultimi non hanno alcun ruolo attivo per il secondo e terzo pilastro. I requisiti patrimoniali minimi stabiliscono qual è il patrimonio di vigilanza che una banca deve detenere, prendendo in considerazione le seguenti categorie di rischio:

· Rischio di credito, conseguente alla concessione di finanziamenti a terzi: è un rischio tipico di ogni istituto di credito

· Rischio operativo: rischio corso da ogni soggetto economico, causato da circostanze esterne sfavorevoli, da processi aziendali oppure da atteggiamenti del personale: errori umani, difetti nelle procedure informatiche, procedimenti contenziosi in corso, sanzioni subite ecc.

· Rischio di mercato, riguardante possibili fluttuazioni di valore dei titoli detenuti.
Prendiamo in considerazione solo il rischio di credito, il più impattante per le imprese e per il sistema creditizio, in quanto gli altri rischi sono più generici e attinenti al normale svolgimento dell’attività economica in generale.

Il rischio di credito prende in considerazione il capitale minimo di vigilanza detenuto da una banca. Tale capitale minimo dovrebbe rappresentare un elemento di fiducia sulla solidità patrimoniale di un istituto di credito ed una garanzia della sua capacità di crescita.

In base alle direttive di Basilea 2, le banche devono detenere un patrimonio netto totale pari almeno al 8% degli impieghi erogati , ponderati sulla base delle caratteristiche di rischio.

Patrimonio di vigilanza > 8%
impieghi ponderati per il rischio

Una banca potrebbe effettuare impieghi maggiori o minori sulla base della ponderazione del rischio. La conseguenza è che nel caso di rischio elevato, l’impiego, ponderato per il moltiplicatore, risulterà superiore rispetto allo stesso valore dell’impiego e con esso si determinerà la necessità di adeguare il patrimonio di vigilanza a questo maggiore valore. Un più elevato patrimonio di vigilanza implica minori risorse per la banca da dedicare agli impieghi e, conseguentemente, una diminuzione della redditività bancaria.

Se una banca finanzia per €100 un’impresa poco rischiosa e per €100 un’impresa molto rischiosa, il finanziamento viene pesato con diverse ponderazioni.
Per esempio, se per il primo prestito il peso è del 50%, la banca deve accantonare a capitale €4 (= 8%x€100×50%), e non €8 come previsto dal vecchio accordo per il quale i finanziamenti non garantiti concessi alle imprese hanno un unico peso pari al 100% (l‘incidenza del patrimonio di vigilanza sugli impieghi scende dall’attuale 8% al 4%).
Viceversa, il prestito concesso all’impresa più rischiosa viene ponderato con un peso più alto: se quest’ultimo fosse del 150%, il capitale minimo della banca dovrebbe essere di €12 (= 8%x€100×150%) maggiore di quanto previsto dal precedente accordo (l’incidenza del patrimonio di vigilanza sugli impieghi salirebbe dall’attuale 8%al 12%).

Pertanto, una banca tenderà a premiare l’impresa migliore dato che la dotazione di capitale della banca per fronteggiare eventuali perdite sui crediti sarà più bassa.