Vito Gamberale, CEO di F2i

Intervento di Vito Gamberale al Convegno Ator del 4 aprile 2014

Lo scorso 4 aprile 2014, l’Ing. Vito Gamberale, in rappresentanza di F2i – Fondi italiani per le infrastrutture, di cui è Amministratore Delegato, ha preso parte al Convegno dal titolo “Una riforma strutturale del sistema di gestione dei rifiuti”, organizzato a Torino dall’Ator – l’Associaizione d’Ambito Torinese per il Governo dei Rifiuti.
Quella che segue è la trascrizione di alcuni passaggi salienti dell’intervento dell’Ing. Vito Gamberale.

Vorrei iniziare con alcune considerazioni sul fondo F2i, poiché spesso ne viene distorta la visione.
Il Fondo F2i è il più grosso fondo al mondo di investimento nelle infrastrutture di un Paese; si tratta di un fondo Istituzionale, perché i suoi investitori sono le due maggiori banche nazionali, la Cassa Depositi e Prestiti, 23 Fondazioni bancarie, 13 Casse previdenziali e 5 Assicurazioni.
Nessuno di noi è un finanziare, tantomeno io. Ciascuno di noi ha un’esperienza industriale alle spalle, mi permetto di dire, di tutto rispetto, perché in Italia con i media si tende a macinare tutto e a dissacrare tutto, non avendo la concezione di che cosa si parla.
Nel corso del mio intervento oggi darò una visione macro dei rifiuti in Italia, per poi parlare dei termovalorizzatori e soffermarmi sull’iniziativa che abbiamo in comune con Iren, dei termovalorizzatori.
Prima di tutto i rifiuti: in Italia si producono 160 milioni di tonnellate di rifiuti. Negli ultimi anni, a causa della crisi economica, c’è stata una diminuzione. Se però paragoniamo questa quantità di rifiuti nell’ambito dell’Europa Cinque, poiché io credo che ci dobbiamo confrontare sempre con i Paesi simili, e quindi Germania, Francia, Spagna, Inghilterra, Italia e mettiamo in rapporto la produzione totale di rifiuti solidi urbani alla popolazione, notiamo che l’Italia, nonostante sia il secondo Paese manifatturiero in Europa, ha una produzione di 7,7 kg al giorno di rifiuti globali, contro i 12 kg della Germania e i 15 kg della Francia, contro 7 dell’Inghilterra, che sembrerebbe simile a noi, ma non ha una base manifatturiera, perché l’ha smantellata.
Questo significa che dietro a questa sensibile differenza di produzione di rifiuti pro-capite al giorno, c’è il mercato nero dei rifiuti, che è il mercato nero dei rifiuti industriali, perché se si guarda la produzione giornaliera pro-capite di rifiuti speciali vediamo che è allineata e, anzi, siamo uno dei Paesi che ne produce di più. Secondo me, quindi, la prima considerazione da fare è che in Italia vi sia una grossa componente nera di rifiuti industriali che non viene gestita e che sta inquinando il Paese. Mentre i rifiuti solidi urbani sono gestiti dalle municipalità, i rifiuti industriali non hanno la stessa gestione. Naturalmente, la stessa considerazione viene in rapporto al PIL: in Italia per produrre un milione di tonnellate ci vogliono 9,4 miliardi di PIL, mentre negli altri Paesi ce ne vuole meno. Questo significa che c’è una componente di rifiuti nera.
Per quanto riguarda la raccolta differenziata, l’Italia si era data tre obiettivi: nel 2009 raggiungere il 50%, nel 2011 il 60% e nel 2012 il 65%. Il Piemonte è una delle prime regioni, ma sta raggiungendo adesso il 50%, quindi, con cinque anni di ritardo.
L’Italia che cosa paga rispetto agli altri Paesi?

A questo punto Vito Gamberale fa riferimento all’intervento dell’Ing. Foietta, che lo ha preceduto nel corso del Convegno.

Se ci paragoniamo sempre ai grandi Paesi simili a noi, in Francia i primi due operatori controllano il 60% dei rifiuti, in Inghilterra i primi cinque operatori controllano il 60% e in Germania ci sono importanti operatori: pensate che il secondo tedesco è pari alla somma dei primi nove italiani. L’Italia paga una grandissima frammentazione e, quindi, nel campo della gestione finale dei rifiuti si dovrebbe puntare a fare un progetto della stessa lucidità, della stessa forza, dello stesso coraggio di cui Foietta ha parlato, per potere assemblare la raccolta dei rifiuti speciali in tutto il complesso.
Questa è la situazione differenziata in Italia: o per le regioni adeguate, alcune debbono fare degli sforzi, altre sono molto indietro.
Sui termovalorizzatori, in Italia c’è stata una criminalizzazione impropria, perché non è possibile che ciò che è vanto cittadino a Vienna, dove in centro alla città c’è un importantissimo termovalorizzatore da oltre quindici anni, in Italia sia la fonte dell’inquinamento, e non si capisce come mai l’accettazione dei termovalorizzatori cala con lo scendere dei paralleli geografici: a Roma, ad esempio, non c’è un termovalorizzatore. Noi abbiamo inoltre termovalorizzatori in numero limitato e di piccola capacità. In Italia ce ne sono 52 con una capacità di 100mila tonnellate all’anno, in Germania ce ne sono 70 con una capacità quattro volte superiore alla nostra e per quanto riguarda la modalità di smaltimento noi abbiamo il 49% in discarica e in Germania zero. In Italia poi solo il 17% è trattato con il termovalorizzatore e un terzo in riciclaggio e compostaggio.
Parlando della Germania, si capisce che è una fandonia, quando si dice che se si facesse la differenziata, non ci sarebbe bisogno dei termovalorizzatori, perché i residui finali vanno comunque sempre bruciati. Tant’è che la Germania, che ha solo l’1% di discarica, ha il 37% gestito con i termovalorizzatori. Quindi, diciamo che alla base di tutta questa arretratezza in Italia c’è stata molta disinformazione, per non parlare di interessi poco limpidi che ci sono dietro le discariche. Si parla quindi di idee utopistiche ed errate, perché l’ambientalismo basato sull’ignoranza scientifica non è possibile, oppure sulla manipolazione dei dati scientifici, non è possibile. Quindi oggi in Italia si continua a prorogare la chiusura della discariche e l’Unione Europea ha aperto quattro importanti e delicate procedure di infrazione.
Penso, allora, che nell’immediato futuro l’Italia dovrebbe avere dei processi di aggregazione. In Italia sono nate delle multiutilities, invece quelle che vanno meglio sia in Europa che in Italia, solo le monoutilities, perché non c’è nulla in comune tra energia elettrica e gas da una parte e tra acqua e rifiuti dall’altra, sono cose diverse.
Penso che l’evoluzione successiva che dovrebbero fare le multiutilities, che hanno fatto già dei progressi, ma nelle quali le aggregazioni di territori diversi sono rimasti come liquidi non completamente mescolati, sia un ulteriore passo verso le monoutilities, grazie alle quali si costruirebbero delle grandi realtà.
Abbiamo l’orgoglio di dire che siamo il socio di maggioranza del TRM al 75%, siamo al 25% soci con IREN. Un termovalorizzatore non è un impianto banale, è un complicatissimo e delicato impianto termo chimico, il cui avviamento ha le complessità di qualsiasi impianto termo chimico: abbiamo avuto il rodaggio, l’avviamento, lo start-up grazie ad una collaborazione del tutto eccezionale, a cominciare dalla municipalità sino ai personaggi che operano in questo campo ma abbiamo trovato anche un’intensissima collaborazione di integrazione con il socio Iren. Credo che nel campo dei rifiuti tutti questi giocatori, A2A, Hera, ecc. si dovrebbero mettere insieme per potere fare un grande operatore dei rifiuti.
Questo termovalorizzatore raccoglie da taluni comprensori della città di Torino e ha una capacità che può assorbire senz’altro tutto ciò che può avvenire da questa macro aggregazione di cui ha parlato Foietta nel corso del suo intervento.
Siamo col gruppo Iren Ambiente e stiamo studiando anche di fare un passo avanti ed entrare in Iren Ambiente: ciò significherebbe che da Torino si andrebbe ad unire anche la zona dell’Emilia e quindi si comincerebbe a dare un primo segnale di aggregazione. Da questo si potrebbe poi partire per poter fare nuovi aggregati, perché la caratteristica di F2i è di creare degli aggregati importanti nei singoli settori. Abbiamo creato in tre anni il secondo operatore italiano nella distribuzione del gas, abbiamo creato il primo operatore italiano nel campo aeroportuale, per cui il 35% dei passeggeri italiani transita negli aeroporti, partecipati direttamente e indirettamente da F2i. Non è dunque vero che in Italia tutto va male. Abbiamo con Iren un’altra importante iniziativa in comune: Mediterranea delle Acque, che gestisce il sistema acquedottistico di Genova. Penso che anche questo sia un primo passo per poter sviluppare delle aggregazioni. Credo che gli effetti distorcenti di un referendum vissuto in maniera emotiva e non razionale stiano passando, perché l’acqua è un bene comune, ma l’acqua piovana è un bene comune, perché piove su tutti, ma se poi l’acqua piovana va raccolta, portata nei depuratori, messa nelle condutture e portata nelle case, serve qualcuno che lo faccia. Quindi non è vero che l’acqua è un bene comune. È un bene essenziale, che va gestito con trasparenza, ma bisogna fare degli investimenti, perché l’Italia ha il 5% della popolazione senza acquedotti, il 20% senza depuratori e il 25% senza fogne, ma questo non si dice.
Vi ringrazio per l’attenzione e vi esprimo tutta la mia soddisfazione di essere oggi con voi.

Vito Gamberale

Il filmato relativo all’intervento di Vito Gamberale.